Rendere la vita facile. La promessa dell’Internet of Things dalla fine dello scorso millennio.

Internet of Things

Ci abbiamo fatto l’orecchio.

Che siamo Baby Boomers – quelli nati troppo presto – appartenenti alla Generazione X (quelli che hanno vissuto metà della propria vita “offline”), Millennials o Nativi Digitali, siamo oramai abituati al prestito di termini dal vocabolario anglosassone per parlare di tutto ciò che riguarda le tecnologie.

Uno dei più celebri, entrato nelle nostre vite e nelle nostre case anche grazie agli assistenti vocali è sicuramente quello dell’Internet delle cose, IoT per gli amici. È stato l’avvento dell’Industria 4.0, la rivoluzione industriale basata sul collegamento in rete di persone, macchine e prodotti, a introdurre con insistenza “Internet of Things” per definire l’insieme degli oggetti “intelligenti” e connessi dalla struttura virtuale ben nota come Internet.

Sembra ieri, sì, e invece sono già passati più di 20 anni: abbiamo iniziato a parlare di Internet of Things alla fine degli anni ’90, grazie Kevin Ashton, ricercatore del MIT di Boston, senza forse capire l’importanza e la portata nel tempo di un servizio intelligente, capace di raccogliere dati, elaborarli e infine ottimizzarli per rispondere sempre meglio alle esigenze degli utilizzatori.

Rendere la vita facile. Un servizio, una promessa.

Se dovessimo riassumere in 4 parole lo scopo di IoT e quindi dei dispositivi definiti appunto “intelligenti”, useremmo la sua promessa di valore: rendere la vita facile. A chi e in che modo? Al consumatore, ovviamente! Ma non solo (lo vedremo meglio affrontando il tema dell’IoT nell’Industria, per gli amici IIoT). L’intelligenza di cui possono vantare i dispositivi e gli oggetti connessi sta nel raccogliere, comprendere ed elaborare ogni tipo di dato dell’utente e su come quest’ultimo li utilizza, con occhio di riguardo per gli aspetti di efficienza inerenti all’ambiente (minor uso di risorse energetiche, ad esempio).

In questo scenario di rivoluzione digitale, entrano spesso in gioco anche i sensori che permettono ai dispositivi connessi di raccogliere dati relativi a molteplici funzioni, come ad esempio, sapere in tempo reale quante persone sono presenti contemporaneamente in un dato spazio e con quale grado di prossimità, oltre a informarci su quanta energia viene utilizzata per un dato scopo, o quanti Km abbiamo corso e con quale oscillazione di parametri fisici correlati. Pensiamo a tutti i dispositivi connessi al nostro Smartphone, come quelli che vengono definiti “wereables devices” (SmartWatch, i sensori nelle sneakers da running), o gli elettrodomestici che possiamo monitorare dai nostri telefoni o tablet, o, ancora, la domotica nelle nostre case.

Al sicuro e in sicurezza

Sentiamo parlare di attacchi informatici con frequenza sempre maggiore, sia a livello locale, che globale, sia per varietà che per impatto. L’Ente NICCS (National Iniziative for Cybersecurity Careers and Studies) definisce un attacco informatico come “il tentativo di ottenere un accesso non autorizzato a servizi, risorse o informazioni di sistema e/o di comprometterne l’integrità e, in generale, consiste nell’atto intenzionale di tentare di eludere uno o più servizi di sicurezza o i controlli di un sistema informativo digitale per alterare la riservatezza, l’integrità e la disponibilità dei dati”. La cybersecurity, quindi, diventa un tema critico anche in riferimento a IoT, perché qui si tratta anche di proteggere oggetti fisici e non solo online. Il nostro obiettivo è di lavorare alacremente su applicativi e dispositivi IoT e trovare il sensore giusto che permetta al tuo dispositivo parlare con la rete in sicurezza e restando al sicuro.